giovedì 9 giugno 2011

LINEA TEMPORALE


IL PERIODO ETRUSCO (IIX sec. – III sec a. C.)
La vite arriva sulla penisola italiana in data imprecisata, probabilmente dall’area del Mar Nero.







(280 a. C.)
La conquista  romana del territorio di Vulci porta alla fondazione di vaste proprietà e all’espansione dell’agricoltura e della viticoltura in Italia. Esportazione di vino nella Francia e nella Germania romane.


60-65 d. C.
Lucio Columella (4 – 70 d. C.), scrittore latino originario di Cadiz, ufficiale dell’esercito romano in Siria, coltiva i suoi possedimenti vicino a Roma e in Abruzzo. Sostiene che i luoghi collinari producono il vino migliore e fornisce delle istruzioni sui metodi di coltivazione.

Dalla fine del II sec. d. C. in poi
Man mano che la potenza di Roma svanisce, l’intensa attività vinicola e l’olivicoltura vengono sostituite da cereali e pascoli. Comincia la decadenza dei porti e delle strade.Il vino comincia ad essere usato soltanto più nell'eucarestia,riesce quindi a sopravvivere grazie al culto religioso. 

IX sec. – X sec.

 Il vino ritorna ad essere bevanda di uso comune,ma mantiene sempre una grande importanza all'interno della vita religiosa.Proprio grazie ai monasteri il vino comincia ad essere classificato in base ai metodi di spremitura.



PRIMA ETÀ MODERNA
La produzione di vino in Italia e la sua esportazione all'estero hanno comunque uno sviluppo ancora modesto.
XVI sec. Specifiche leggi di Scansano proibiscono di danneggiare i vigneti.



Gli scrittori della metà del secolo (ad esempio A. Salvagnoli Marchetti) parlano della separazione delle colture in Italia, vale  a dire di viti e ulivi in campi separati. Si tratta di una pratica avanzata in confronto ad altre zone d’Italia che proseguono con la coltivazione promiscua.

Metà XIX sec.:  Il barone Ricasoli di Brolio (di Chianti) cerca di fondare un’azienda vinicola in Maremma, ma deve rinunciare a causa delle troppe difficoltà (malaria, briganti).
Tardo XIX sec.: Si aprono nuovi mercati mentre nel resto d’Europa i vigneti vengono devastati dalla fillossera.


Gli anni ‘40

Mario Incisa della Rochetta, aristocratico allevatore di cavalli, nota la somiglianza della costa toscana con Bordeaux: clima marittimo e terreno ghiaioso. Importa alcune varietà di uva da Chateau Lafite  a Bordeaux affinché crescano a Bolgheri.






Gli anni ‘50
In Italia,  Luigi Veronelli
  • comincia  a promuovere il vino italiano di qualità,
  • scrive il primo studio generale sul vino italiano dopo quello di Andrea Bacci del 1595.
  • scopre la potenzialità dell’invecchiamento in barrique grazie a una visita in California nei primi anni ’80.
Gli anni ‘60
Inizia l’imbottigliamento del vino in Toscana (in precedenza il vino era venduto sfuso, facevano eccezione alcune poche tenute aristocratiche a Chianti e Montalcino)
Primi DOC in altre regioni (1966), per esempio il Brunello di Montalcino  e il Bianco di Pitigliano in Maremma


Gli anni ‘70
Comincia la ripresa dell’industria vitivinicola italiana grazie al successo internazionale del Sassicaia e degli altri ‘Supertuscans’, vini prodotti al di fuori delle norme dei DOC.
  • Uso di vitigni francesi  e invecchiamento in piccole botti in un’area sconosciuta, quindi non a Chianti, Montalcino o Montepulciano;
  • aggiunta di uva francese al Sangiovese;
  • produzione del vino di qualità per il 100% Sangiovese
  • successo del Tignatello 









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